Gare a tappe: 3 gravi errori da evitare

I ciclisti frequentatori dei campi gara a tappe ne hanno viste di tutti i colori ed in tutte le salse. Qualche episodio epico e maldestro lo si trova sempre da raccontare. Ma questi episodi quanto incidono sul risultato finale? In questo articolo vogliamo riepilogare 3 gravi errori che si vedono spesso sui campi gara a tappe da parte dei ciclisti.

 

Errore numero uno: “partire a tutta”

Tipico e classico errore è affrontare la prima salita della prima tappa come se fosse una gara granfondo. La partenza è sempre la partenza e l’adrenalina è elevata, qualsiasi sia il tipo di gara. Questo lo comprendiamo tutti. Allo stesso tempo il fine non giustifica i mezzi. Partire a tutto gas significa forte e precoce deplezione di glicogeno, oltre che una bella doccia di acido lattico che  mette in ginocchio i sistemi tampone. La domanda da porsi è : “il tempo guadagnato nella prima salita con questo bel fuori giri ripagherà la prestazione scadente nel resto della tappa?” Solitamente la risposta è no, a meno che la tappa non sia estremamente corta, come per esempio un prologo da max 30-40 minuti. Il paragone con una granfondo non è da farsi per diversi motivi. Il motivo principale è che nelle granfondo c’è solitamente molto traffico e tutti iniziano con un all-out nella prima salita per prendersi le posizioni migliori. In questo caso, rimanere nel traffico, solitamente, è peggio che finirsi con un all-out iniziale. Nelle gare a tappe il traffico non è mai troppo elevato, le partenze sono sempre su strade larghe e i primi single track arrivano dopo diversi chilometri.

Altro fattore molto importante da considerare è il maggior danno biologico conseguente ad una tappa affrontata in stato di fatica gravosa. Un conto è iniziare le salite ad intensità media/soglia e poi, sul finale fare un all-out, magari in VO2max. Altro caso è fare l’inverso cioè un all-out iniziale e il resto della tappa al medio/soglia. Il secondo scenario è chiaramente più gravoso, produce più radicali liberi e sottopone l’organismo ad uno stress maggiore.

Riepilogando: nella gare a tappe sono vietati gli all-out in partenza.

 

 

Errore numero due: “dimenticare di mangiare”

Questo titolo si riferisce sia ai ristori sia al recovery post gara. Ricordiamoci infatti che sotto-nutrirsi durante la tappa (meno di 60g carboidrati/h) significa attingere maggiormente alle proprie riserve di glicogeno. Questo porta ad una deplezione di glicogeno maggiore e quindi ad un esaurimento precoce. Risultato: quando il glicogeno scarseggia il nostro organismo prova ad utilizzare maggiormente i lipidi ma sappiamo che quest’ultimi hanno una resa di gran lunga inferiore rispetto ai carboidrati.

Il recovery post gara è il primo pasto che partecipa attivamente alla prestazione della tappa successiva. La sensibilità all’assunzione di carboidrati (finestra glucidica) è massima al termine dello sforzo fisico e si chiude entro 20-30 minuti. Questo significa che cosa mangiamo appena arrivati dalla tappa influenza enormemente la tappa seguente. Come già affrontato in altri contesti la strategia migliore è quella di integrare con un carboidrato idoneo (per esempio HBCD o Vitargo o analoghi), unito ad un multivitaminico. In questo modo il carboidrato funge da carrier per le vitamine. Questa bevanda, da unire con proporzioni isotoniche all’acqua va consumata sotto il traguardo. Una volta completato questo primo refill si passa al pasto solido vero e proprio che deve essere principalmente a base di carboidrati (riso o pasta o cereali analoghi). L’elemento chiave sono i carboidrati poiché è il macronutriente che fornisce l’energia a scopo locomotorio. Con il  proseguire della giornata si concede maggior priorità ai protidi così da fornire il substrato energetico al contributo plastico. I lipidi non vanno eliminati ma saranno sempre presenti in una dieta per gare a tappe ben formulata e bilanciata.

Riepilogando: non saltare i ristori e non saltare la finestra glucidica

 

Errore numero tre: “non curare la manutenzione del mezzo (e la propria)”

Ogni tappa sottopone il nostro mezzo a stress dovuti a vibrazioni, collisioni e usura. L’atleta non meccanico, interpreta il proprio mezzo come una macchina on/off (cioè funziona o non funziona) e quindi, arrivato da una tappa con il mezzo funzionante può pensare che sia tutto ok. Questa è una visione profondamente sbagliata perché la meccanica “vive”. Si esatto, la meccanica ha una sua vita e l’usura di un componente ne è la dimostrazione. Un’accoppiata corona-catena usurata può funzionare perfettamente se correttamente lubrificata. Accade poi di incontrare la pioggia e il fango che lavano via il lubrificante e introducono agenti solidi esterni. Risultato: la corona risucchia la catena e nascono fastidiose vibrazioni, spreco di potenza per attrito e aumento esponenziale dell’usura. Piove sul bagnato insomma! Per risolvere questi problemi basta switchare la prioria mentalità manutentiva dalla versione “a guasto” alla versione “preventiva” poi alla versione “predittiva”.

Il copertone è il tipico esempio: posso averlo tagliato e riparato (o non riuscito a riparare) quindi lo sostituisco ma sto lavorando “a guasto”.  Posso valutare che il battistrada è usato al 70% e allora decido di sostituirlo anticipatamente quindi sto lavorando “preventivamente”. Posso percepire delle vibrazioni mentre pedalo su asfalto e decido di sostituire il copertone anche se non vedo apparenti danni o usure quindi sto lavorando per “predizione”

L’atleta che rompe spesso il mezzo è tendenzialmente un atleta che ragiona “a guasto” e a “prevenzione”. L’atleta che subisce pochi danni meccanici è un atleta che lavora principalmente per “prevenzione” e “predizione”. Pensare al proprio mezzo per “predizione” è la cosa più efficace ma anche la più difficile poiché richiede la perfetta conoscenza del comportamento di tutti i componenti installati sul proprio mezzo. Questo indica una buona ragione per la quale il mezzo e la componentistica si battezzano ad inizio stagione e non si cambia modello fino alla fine della stagione.

Infine, sempre in topic, per non far troppe differenze tra meccanica del ferro e meccanica del corpo umano pensiamo che anche il nostro organismo è soggetto a fattori esterni simili a quelli che subisce il nostro mezzo meccanico. La manutenzione del nostro corpo diventa fondamentale. In scienza dello sport la manutenzione del nostro corpo rientra nella materia chiamata “recupero“. In una gara a tappe è quindi fondamentale non sottovalutare mai i recuperi. E’ importante tenere in conto tutti gli aspetti: il recupero idrico, il recupero alimentare, il recupero muscolare aiutandosi con massaggi post tappa, il recupero psicologico aiutandosi con respirazione e relax, il recupero notturno aiutandosi con un corretto habitat per dormire (qualità) e con la giusta quantità di sonno in fase profonda (quantità).

Riepilogando: focus su manutenzione della bicicletta e sul recupero post gara

 

 

Dott. Andrea Ghelardoni

Chinesiologo | Preparatore Fisico-Motorio

Responsabile scientifico ZEROPIANURA.IT

www.zeropianura.it

 

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